Una nuova serie, tratta dal libro For the Sake of Peace di cui pubblicheremo i diversi capitoli nel corso di quest’anno, per continuare a parlare di dialogo, di coesistenza, di pace con mezzi pacifici. Un’analisi attenta e acuta delle difficili condizioni attuali, della follia della guerra e degli embrioni di cultura di pace che già esistono e che vanno coltivati. A partire dal cuore degli esseri umani. La prefazione al libro è stata pubblicata su Buddismo e Società n. 88 nella rubrica “Strategie di Pace”
All’inizio del ventesimo secolo molti ritenevano che il progresso umano non avesse limiti. Tuttavia gli ideali sublimi e gli scopi elevati prospettati ai primi del Novecento furono spazzati via dalle ideologie estremiste che funestarono il mondo portando con sé una serie di carneficine. Forse nessun altro secolo è stato testimone di una tragedia dell’umana follia di tali dimensioni: l’ambiente è stato profondamente danneggiato e il divario tra ricchi e poveri non ha fatto che aumentare.
Gli ultimi anni del secolo hanno visto una serie di drammatiche trasformazioni. Dapprima sembrava che la fine della guerra fredda, nel 1989, potesse portare prospettive luminose per il futuro dell’umanità, ma quelle speranze vennero ben presto disattese dai devastanti conflitti che sorgevano in ogni parte del mondo, su scala regionale e nazionale. Era come se la Cortina di ferro fosse stata finalmente abbattuta soltanto per dare libero sfogo alle forze demoniache, prima represse, della guerra e della violenza. Da allora più di cinquanta nazioni sono state devastate da conflitti violenti, divisioni interne o lotte per l’indipendenza, al prezzo di milioni di vite umane.
Oggi l’umanità si trova davanti a problemi a cui non può sfuggire, in ogni direzione: la minaccia delle armi nucleari e di altri mezzi di distruzione di massa, l’intensificarsi dei conflitti etnici, il danno all’ambiente causato dagli effetti del riscaldamento globale e dalla distruzione dello strato di ozono e la diffusione di una criminalità brutale e psicopatica.
Siamo all’inizio del terzo millennio. In questo momento storico dovremmo decidere fermamente di eliminare ogni inutile sofferenza da questo pianeta, che è la nostra casa. Cercando di realizzare questo scopo troveremo la forza per far sì che il nuovo secolo non sia una copia di quello che lo ha preceduto ma l’inizio di un nuovo periodo di pace e di speranza. È tempo di costruire una nuova epoca dove splendano umanità e cultura, e dove la sacralità della vita venga in ogni caso al primo posto.
Dobbiamo realizzare non solo una pace passiva, cioè l’assenza di guerre, ma trasformare le strutture sociali che minacciano la dignità umana per rendere concreti i valori attivi e positivi della pace. Naturalmente, per sviluppare una cultura di pace, c’è bisogno di migliorare la cooperazione internazionale e di elaborare una legislazione internazionale, ma ancora di più occorrono gli sforzi creativi dei singoli individui, perché solo su questa base si potrà costruire una nuova società globale.
Qual è la strada?
Cosa serve per far avanzare la storia umana, per passare dall’oscurità alla luce, dalla disperazione alla speranza, dall’uccisione alla coesistenza? Quale luce può dissolvere le tenebre e illuminare i prossimi mille anni? Sono domande che dobbiamo porci con grande serietà.
Josei Toda, mio maestro e secondo presidente della Soka Gakkai, desiderava ardentemente eliminare la miseria dalla faccia della Terra, e questo suo desiderio sta alla base del mio pensiero e delle mie azioni. Alla metà del ventesimo secolo, periodo di importanza cruciale, Toda intraprese in nome dell’umanesimo buddista iniziative che miravano a sradicare l’infelicità umana. Egli insisteva sul fatto che qualsiasi nostra idea di progresso non può prescindere da una previsione delle condizioni future da qui a duecento anni. Allo stesso tempo ci esortava a utilizzare il dialogo come mezzo per creare una solidarietà duratura che abbracciasse tutta l’umanità.
La mia risposta all’appello di Toda è stata di promuovere la discussione su argomenti di vitale importanza con persone attente e informate. Sono convinto che nel prospettare il corso degli eventi del ventunesimo secolo dobbiamo non solo imparare dal presente ma andare a riscoprire le ricchezze spirituali sepolte nelle correnti sotterranee della storia. Per fare ciò ho avviato dialoghi con i rappresentanti di tutti i popoli sulla base della nostra comune umanità.
Gli ostacoli alla pace
La prima domanda che emerge quando si intraprende un compito così palesemente e totalmente positivo è la seguente: che cosa impedisce di realizzare la pace mondiale? È importante individuare le resistenze che si frappongono al conseguimento di tale scopo.
ISOLAZIONISMO
Il primo ostacolo è connaturato alla portata dellìimpresa, che può apparire eccessiva per chi manchi di una base spirituale solida e omnicomprensiva. Quando c’incontrammo nel luglio 1998, lex-segretario dellONU Boutros Boutros Ghali mi fece un breve resoconto del panorama spirituale alla fine del secolo: le questioni finanziarie, ambientali e sanitarie hanno assunto una valenza globale per cui non è più possibile risolvere i problemi interni senza affrontare quelli internazionali. Le persone sono quindi costrette a fare i conti con la globalizzazione e spesso provano disagio, ritirandosi nel proprio piccolo villaggio (regione o Stato che sia), nelle proprie tradizioni, tendendo a evitare i contatti con gli stranieri. Boutros Ghali definì questo fenomeno nuovo isolazionismo.
LILLUSIONE DELLEFFICIENZA
La seconda barriera da infrangere è costituita da unaltra forma di autolimitazione, che questa volta deriva dalla supremazia della tecnologia. È innegabile che i numerosi progressi tecnico-scientifici del ventesimo secolo abbiano portato molti vantaggi, ma in alcuni casi il progresso, avendo trascurato limportanza dellumanità, ha proceduto lungo un sentiero arbitrario con conseguenze spesso tragiche.
Il motivo fondamentale è che il pensiero occidentale moderno è sempre più dominato dal principio di efficienza. I sostenitori dellefficienza mettono sempre laccento sulla funzionalità e sulla convenienza. Questa ricerca dellefficienza a tutti i costi, se da un lato ha stimolato i progressi in campo scientifico e materiale, dallaltro nasconde linsidiosa tendenza a ridurre gli esseri umani a semplici cose. Per esempio, al culmine del dibattito sulla deterrenza nucleare si fece un gran parlare di distruzione garantita, di limitazione dei danni, di rapporto costo-prestazioni e altre questioni simili. Un linguaggio così spietato e grottesco deriva dal culto dellefficienza, che relega gli esseri umani allo status di oggetti e persegue la convenienza a spese di innumerevoli vite umane.
I politici e gli scienziati, che costituiscono lélite della cultura e della classe dirigente nellera nucleare, cadono molto facilmente preda di questo modo di pensare; il sacrificio al dio dellefficienza ha condizionato anche ogni possibile dialogo sulla riduzione degli armamenti.
Dobbiamo impegnare gran parte dei nostri sforzi per tracciare finalmente un cammino di speranza per il ventunesimo secolo, analizzando seriamente quanto il cosiddetto progresso abbia effettivamente contribuito alla felicità umana. Le mie azioni si basano sulla convinzione che questa sia la grande responsabilità dellumanità.
AVIDITà
Il terzo ostacolo alla pace affonda le radici nella sete di potere. Linizio del ventesimo secolo fu caratterizzato da duri scontri fra le grandi potenze per il predominio e lespansione coloniale. Il primo presidente della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, nellopera Geografia della vita umana descriveva queste potenze che si guardavano in cagnesco, disposte ad approfittare di qualsiasi occasione per impadronirsi, senza alcuno scrupolo e con la massima crudeltà, della terra di un altro popolo. La loro lotta per il predominio generò non soltanto due guerre mondiali ma anche la guerra fredda, che diffuse in tutto il globo la minaccia del conflitto nucleare.
Grazie alla frenetica corsa agli armamenti da parte dei due blocchi, orientale e occidentale, la potenza militare raggiunse livelli umanamente incontrollabili. Armi progettate per distruggere totalmente il nemico minacciavano la sopravvivenza dei loro stessi detentori, portando lumanità sullorlo della distruzione. Il destino umano dipendeva da un precario e rischioso equilibrio.
Ora la guerra fredda è finita ma la lotta per la supremazia infuria ancora, anche se con modalità differenti. La tendenza allunificazione globale attraverso la forza militare ha ceduto spazio a un nuovo scontro per il dominio economico, allinsegna dei mercati aperti e della libera concorrenza, in cui prevale la legge della giungla. In quello che è stato definito il capitalismo da casinò dei mercati globali, ingenti somme di denaro che travalicano la portata reale delleconomia cambiano di mano ogni giorno. E tutto questo si verifica sotto legida regolatrice dei governi nazionali e sotto lo slogan delle leggi di mercato.
POVERTà
Se un simile ingranaggio sembra difficile da sgretolare cè un quarto ostacolo, ancor più fondamentale: il bisogno. Spesso, le cause di conflitti devastanti che si verificano in diverse parti del mondo risiedono nella deprivazione economica. Il problema centrale dellepoca attuale è la povertà estrema. Non ci può essere pace là dove regna la fame.
Dobbiamo eliminare fame e povertà e dedicarci alla realizzazione di un sistema di assistenza economica per i quasi cinquecento milioni di persone che attualmente soffrono di malnutrizione e a favore dei due terzi delle nazioni del mondo che sono sempre più povere.
Invece di farci una concorrenza spietata dovremmo sforzarci di creare valore. In termini economici ciò equivale a una transizione da uneconomia del consumo folle corsa verso il consumismo e il possesso di beni a uneconomia costruttiva dove tutti gli esseri umani possano partecipare alla creazione di un valore duraturo.
IRRESPONSABILITà VERSO LAMBIENTE
Un quinto ostacolo che influenza non solo la civiltà umana ma tutta la vita del pianeta è lincuria nei confronti dellambiente. La crescita economica e la prosperità generate dai progressi tecnologici hanno catturato a tal punto limmaginario delle persone da non porre alcun limite alla diffusione della civiltà scientifico-tecnologica.
Ma un simile trionfo è compromesso dai danni provocati allecosistema terrestre dagli effetti collaterali di questa civiltà, indicatori del fatto che il progresso può di fatto rivelarsi la nostra rovina. Inquinamento dellaria, dellacqua e del suolo, disboscamento indiscriminato, desertificazione, danno allo strato protettivo di ozono e conseguenti effetti di riscaldamento globale: nessuno di questi problemi si risolverà da solo. Attualmente gli ecologisti avvertono che se non verranno intrapresi cambiamenti radicali, la vita così come la conosciamo oggi potrebbe non sopravvivere a un altro secolo.
È ormai evidente che la soluzione di problemi globali come la distruzione ambientale richiederà nuovi approcci che trascendano i confini dei singoli Stati. Finché si continuerà a pensare entro i ristretti confini della sovranità nazionale non sarà possibile intraprendere azioni che tutelino la sopravvivenza dellumanità. Ciò di cui ai nostri giorni abbiamo più bisogno è di una filosofia che si basi su un punto di vista veramente globale.
LA NEGATIVITà DEL NUCLEARE
Lostacolo ultimo che lumanità deve affrontare è lincarnazione estrema della negatività: le armi nucleari.
Sicurezza ed equilibrio nucleare sono obiettivi intrinsecamente impossibili da raggiungere insieme. Il Buddismo insegna lunicità della vita e del suo ambiente: ciò significa che la sfera soggettiva è inseparabilmente legata al mondo oggettivo. Per via di questo legame, finché nellambiente in cui viviamo persisteràla minaccia delle armi nucleari, lumanità non avrà pace.
Un terreno fertile
Queste barriere possono apparire, a seconda dei punti di vista, gigantesche se non addirittura eternamente inamovibili. Ma un esame più attento della realtà attuale potrebbe dischiudere diversi motivi dottimismo rispetto alla capacità di cambiamento dellumanità: lascesa del potere morbido della conoscenza e della competenza al posto del potere duro della forza militare, dellautorità politica e della ricchezza; un crescente impegno verso le modalità nonviolente di trasferimento di potere, come si è visto nella costituzione della nazione arcobaleno dellex-presidente del Sud Africa Nelson Mandela; la fioritura del potere della gente che si riflette nel sorgere di quasi diecimila organizzazioni non governative che si occupano di diritti umani e di sicurezza e la miracolosa dissoluzione incruenta del bolscevismo, caratterizzato fin dalle sue origini da violenza e terrorismo.
Quale lezione possiamo trarre da questi risultati positivi, applicabili anche in altre parti del globo per sedare i conflitti in corso ed evitare nuove violenze future? Si può parlare quanto si vuole del terzo millennio, ma un cambiamento di data nel calendario non farà cambiare unepoca. Solo la volontà e le azioni umane possono creare la storia e aprire nuovi orizzonti.
Qualche tempo fa ho incontrato a Tokyo il cancelliere austriaco Franz Vranitzky, che mi ha detto: «Lantico proverbio latino se desideri la pace, preparati alla guerra bisognerebbe trasformarlo in se desideri la pace, preparati alla pace. È su questo principio che baso il mio lavoro».
Ma come ci si prepara alla pace? Qual è il sentiero che ci guiderà fuori dalla nostra desolata landa interiore per poter vivere felicemente insieme come lumanità ha sempre sognato?
Sentieri per la pace
Il primo sentiero è quasi ovvio: se vogliamo diventare buoni cittadini del mondo dobbiamo acquisire un certo grado di autocontrollo. La capacità di vedere profondamente dentro noi stessi ci permetterà di trascendere i confini nazionali e le barriere etniche.
Il dominio di sé è un prerequisito della seconda tappa di questo viaggio: il sentiero del dialogo. Non ne metterò mai sufficientemente in rilievo limportanza, poiché ritengo che la propensione alla logica e alla discussione sia una delle prove della nostra umanità. In altre parole, solo quando siamo immersi in un oceano di linguaggio diventiamo veramente umani. Nel Fedone Platone associa acutamente lodio per il linguaggio (mislogos) con lodio per le persone (misanthropos). Abbandonare il dialogo significa abbandonare lessere umano: se abbandoniamo la nostra umanità cessiamo di essere gli agenti della storia, rimettendo questo compito autorevole a qualcosa che appartiene a un ordine inferiore, una sorta di bestialità. Sappiamo troppo bene che la storia è piena di tragedie dove la bestialità, in nome dellideologia o del dogma, ha calpestato lumanità con violenza e forza bruta.
Il dialogo una relazione tra individui caratterizzata dallapertura e dal rispetto reciproco avrà la sua massima utilità se le persone condivideranno una comune visione libera dalle illusioni; altrimenti avrà fondamenta instabili. Dietro la fanfara che annuncia la nuova era cè un rombo assordante e spaventoso prodotto dal crollo definitivo del vecchio sistema che manteneva lordine mondiale.
Per superare la crisi didentità che mina lo spirito dellumanità moderna occorre riscoprire un rinnovato senso della comunità basato su una nuova visione del mondo, che non rimanga soltanto nel regno del pensiero astratto ma si inserisca nel tessuto della vita: per gettare le fondamenta di una pace duratura dobbiamo deistituzionalizzare la guerra. Dobbiamo operare la transizione fra una cultura di guerra e una cultura di pace. Sono sicuro che se tutti popoli della Terra si impegneranno in un dialogo sincero per ottenere una base comune dopinione e dazione, unendosi con pari dignità per creare una cultura di pace, assisteremo allalba di unepoca in cui tutti potranno godere della felicità.
La cultura definisce le comunità, ma ormai esistono entità più vaste che esercitano una possente influenza a livello mondiale. Anche il ruolo delle nazioni va trasformato. I passi fatti fino a oggi verso una minore focalizzazione sugli Stati-nazione sono stati pochi ed esitanti: deve essere chiaro che un mondo in cui gli Stati contano meno è un mondo in cui gli individui contano di più.
Con la crescita del ruolo e della responsabilità degli individui diventa sempre più necessario che ognuno di noi impari a vivere da cittadino globale attivo e creativo, riconoscendo le proprie responsabilità nel nuovo millennio e adoperandosi per adempierle.
Infine, alla convergenza dei sentieri cè un processo che non sarà difficile realizzare dopo i rigori affrontati durante il viaggio: il disarmo totale.
La guerra avalla la pazzia
Come buddista che segue la filosofia del maestro giapponese del tredicesimo secolo Nichiren Daishonin e lesempio lasciato da Josei Toda, sono profondamente convinto che nessun individuo possa provare vera felicità e tranquillità fino a quando lumanità continuerà a essere ossessionata dalla guerra. Nel corso della storia, la guerra ha stretto lumanità in una morsa fatale; essa è la fonte di tutti i mali. La guerra rende normale la follia quel tipo di follia che non esita a distruggere gli esseri umani come fossero tanti insetti, riducendo a brandelli gli individui e tutto ciò che è umano, producendo un interminabile flusso di rifugiati e causando danni irreparabili anche al nostro ambiente naturale.
Abbiamo già pagato un prezzo estremamente alto per imparare che niente è più tragico e crudele della guerra. Credo che adesso la nostra assoluta priorità sia lobbligo morale di aprire ai nostri figli una strada di pace sicura e percorribile per il ventunesimo secolo.