Da Buddismo e Società Numero 200.
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Da “Il Buddismo del sole per illuminare il mondo”: lezioni di Daisaku Ikeda sugli scritti di Nichiren Daishonin
(ampio estratto dalla versione integrale pubblicata su Buddismo e società n. 200, maggio-giugno 2020)
Nel 1993 incontrai il fisico e astronomo americano Robert Jastrow (1925-2008), capo della sezione teorica della Nasa, una figura importante nel programma di allunaggio Apollo. Mi fece vedere una grande fotografia a colori e mi spiegò che era un’immagine della Terra presa dall’Apollo 11 mentre la navicella era in viaggio verso la luna. Scattata cinquant’anni fa da uno degli astronauti, raffigura il nostro pianeta luminoso che galleggia nel buio dello spazio con i suoi oceani azzurri e le nuvole bianche scintillanti.
Vista dallo spazio non ha confini
Quando osserviamo la Terra dallo spazio non vediamo alcun confine nazionale. Quest’immagine del nostro bel pianeta, un’oasi brulicante di vita, ci fa riflettere sulla follia dei conflitti fra individui, gruppi etnici e nazioni, e rafforza il nostro desiderio di pace.
Il Buddismo ha una visione ampia dell’universo. La sua descrizione di un numero infinito di sistemi maggiori di mondi ricorda l’attuale immagine della Via Lattea, del sistema solare e di tutti gli innumerevoli sistemi simili sparsi in tutto l’universo. Fra questi c’è il nostro pianeta, che nei sutra buddisti viene chiamato mondo di saha o Jambudvipa.
I Bodhisattva della Terra promisero di propagare il Sutra del Loto in tutto Jambudvipa, cioè nel mondo intero. E oggi i membri della Soka Gakkai, Bodhisattva della Terra che vivono insieme sulla Madre Terra, la nostra casa comune, tengono alto il vessillo dell’umanesimo buddista e si sforzano di condividere la Legge mistica con gli altri.
Kosen-rufu sta progredendo a livello mondiale e la filosofia umanistica del Buddismo di Nichiren si è ampiamente diffusa al di là dei confini e delle differenze etniche, culturali e linguistiche.
Sono sicuro che il mio maestro Josei Toda, sostenitore dell’idea di cittadinanza globale, sarebbe lieto di vedere quanto è cresciuta la nostra rete di Bodhisattva della Terra che adesso abbraccia l’intero pianeta. Nel 1944, mentre era incarcerato dalle autorità militariste in tempo di guerra, si risvegliò alla sua identità di Bodhisattva della Terra e alla missione profonda che la Soka Gakkai possiede sin dal remoto passato. Da allora sono passati settantacinque anni.
Un movimento popolare globale
Mentre festeggiamo ancora una volta il 3 maggio, Giorno della Soka Gakkai, vorrei ribadire che la nostra organizzazione è un gruppo di Bodhisattva della Terra, una rete globale di persone unite dal voto comune di realizzare kosen-rufu.
Il punto di partenza della Soka Gakkai è stare sempre al fianco della gente. L’attuale comparsa di persone comuni che praticano la via del bodhisattva, che consiste nell’apprezzamento e nella valorizzazione del potenziale di ogni essere umano, corrisponde alla magnifica e dinamica apparizione dei Bodhisattva della Terra nella Cerimonia nell’Aria descritta nel Sutra del Loto.
La grande nave della Legge mistica che solca i mari in tempesta
Lo scopo della Soka Gakkai è far sì che il nostro movimento diventi un “pilastro” della pace mondiale, un “occhio” in grado di vedere il futuro e creare la speranza, una “grande nave” compassionevole che accolga a bordo tutti gli esseri viventi unendo il mondo, attraversando i mari agitati dei nostri tempi e scrivendo una nuova pagina di felicità e pace per l’umanità.
La nostra nave ha intrapreso con entusiasmo il suo viaggio pieno di speranza per diffondere gli insegnamenti del Daishonin in tutto il globo con «l’albero dell’unico vero insegnamento della Via di mezzo»1 ben saldo al centro.
Questa similitudine ha un significato profondo. Se riusciamo a cavalcare i mari in tempesta, alla fine le acque torneranno nuovamente calme. Nelle onde turbolente della storia abbiamo constatato il coraggio e la capacità dell’umanità di superare le difficoltà. Di fronte ai conflitti e ai disastri naturali sappiamo ricostruire solidamente la nostra vita. Questa è la resilienza, la forza interiore della gente comune. Finché «l’albero dell’unico vero insegnamento della Via di mezzo» rimarrà saldo, potremo continuare a solcare il mare.
La Soka Gakkai segue il cammino della Via di mezzo
La Soka Gakkai seguirà sempre il grande cammino della Via di mezzo, perché questa è l’essenza del Buddismo.
Raccontando il processo con cui aveva ottenuto l’Illuminazione, Shakyamuni disse di essersi risvegliato alla Via di mezzo che trascende gli estremi dell’edonismo e dell’ascetismo.
In Il conseguimento della Buddità in questa esistenza il Daishonin spiega il vero significato della Via di mezzo: «[La mente o vita] è una realtà inafferrabile che trascende sia le parole sia i concetti di esistenza e di non esistenza. Non è né esistenza né non esistenza, e tuttavia manifesta le proprietà di entrambe. È la mistica entità della Via di mezzo che è l’unica vera realtà. Myo è il nome dato alla misteriosa natura della vita» (RSND, 1, 4).
La Via di mezzo non è uno stato passivo o neutro e nemmeno una condizione intermedia fra due estremi, bensì è il processo di raggiungimento della Via in accordo con la verità e la ragione. Consiste nel vivere con una visione completa e olistica della vita.
Nel nostro mondo vi sono molte dualità: esistenza e non esistenza, bene e male, materialismo e spiritualismo, capitalismo e comunismo, nativi e stranieri, maggioranza e minoranza, il sé e gli altri, e così via.
Quando ci attacchiamo a queste dicotomie tendiamo a preferirne una e rifiutare l’altra.
Ma la visione buddista della Via di mezzo è totalmente diversa. Non rifiuta né una cosa né l’altra perché entrambe riguardano gli esseri umani. Il Buddismo autentico è un insegnamento onnicomprensivo, che abbraccia tutto. Percorrere il grande cammino della Via di mezzo significa fare buon uso di qualsiasi cosa per creare sempre nuovo valore.
Ciò che conta è il benessere delle persone
Quando Toda divenne il secondo presidente della Soka Gakkai, il 3 maggio 1951, infuriava la guerra di Corea. Addolorato dalle sofferenze che quel conflitto stava creando, scrisse per il Daibyakurenge, il mensile di studio della Soka Gakkai, un articolo dal titolo “Kosen-rufu e la guerra di Corea” in cui esprimeva la sua solidarietà alle persone che avevano avuto la vita distrutta dalla guerra. Scriveva: «Mi addolora pensare che la guerra abbia provocato a innumerevoli persone la perdita del marito o della moglie, e che tante di loro siano alla disperata ricerca dei figli o dei congiunti dispersi». Invece di argomentare su i pro e i contro delle ideologie contrapposte in quel conflitto, la sua unica preoccupazione era la sofferenza degli esseri umani costretti a vivere quella tragica situazione.
Toda pronunciò la sua storica Dichiarazione per l’abolizione delle armi nucleari allo stadio Mitsuzawa di Yokohama l’8 settembre 1957. Anche questa dichiarazione, che contiene le sue ultime e più importanti istruzioni al Gruppo giovani, rispecchia la saggezza della Via di mezzo. Era il tempo della guerra fredda e ognuno dei due schieramenti giustificava con distacco la necessità di possedere arsenali nucleari.
Toda centrò il cuore della questione – la natura demoniaca del potere che minacciava la sopravvivenza della specie umana – e denunciò come un male assoluto sia le armi nucleari sia qualsiasi ragionamento che cercasse di giustificarne l’uso. Constatò anche come l’unico modo di risolvere radicalmente il problema fosse la costruzione di una solidarietà sempre maggiore fra le persone che chiedevano a gran voce la pace.
La Via di mezzo non è facile da seguire. È cammino arduo che richiede un’immensa saggezza, è una strada grande e onorevole che percorrono i campioni e le campionesse dello spirito. Questa saggezza nasce dal vivere secondo il principio di lavorare sempre con la gente, tra la gente e per la gente.
La Via di mezzo è un modo di vivere basato sulla convinzione incrollabile della dignità di tutti e tutte, sull’apprezzamento di ogni individuo, sul rimanere sempre saldamente ancorati alla terra delle persone comuni. Perciò è essenzialmente pacifista, rifiuta ogni estremismo violento animato dall’impazienza a favore di un gradualismo tenace che rispetti la nobiltà degli esseri umani e un modo di pensare veramente umanistico.
«Il sutra afferma: “Come la luce del sole e della luna può fugare oscurità e tenebre, così questa persona, mentre passa nel mondo, può liberare gli esseri viventi dall’oscurità”. Considera esattamente ciò che questo passo rivela. “Questa persona, mentre passa nel mondo” significa che i primi cinquecento anni dell’Ultimo giorno della Legge saranno testimoni dell’avvento del Bodhisattva Pratiche Superiori, che illuminerà l’oscurità dell’ignoranza umana, delle illusioni e dei desideri con la luce dei cinque caratteri di Nam-myoho-renge-kyo. In accordo con questo passo, Nichiren, come inviato di tale bodhisattva, ha esortato il popolo del Giappone ad accettare e sostenere il Sutra del Loto» (Lettera a Jakunichi-bo, RSND, 1, 882).
Il mondo è il palcoscenico sul quale agiscono i Bodhisattva della Terra
Il Daishonin cita un passo del capitolo del Sutra del Loto Poteri sovrannaturali del Tathagata come prova documentaria del fatto che la sua è la missione del Bodhisattva Pratiche Superiori. Particolarmente degna di nota è la frase: «Questa persona, mentre passa nel mondo, può liberare gli esseri viventi dall’oscurità». In altre parole i Bodhisattva della Terra svolgono le loro attività nel mondo reale e non in qualche regno lontano.
Mentre lo interrogavano in carcere, durante la seconda guerra mondiale, Tsunesaburo Makiguchi citò questo capitolo del Sutra del Loto e proclamò coraggiosamente la correttezza del Buddismo di Nichiren. Lo si può trovare scritto nei verbali degli interrogatori.
In genere il Buddismo è considerato un insegnamento che trascende la sfera secolare, perché parla di liberarsi da un mondo colmo di sofferenza e avvolto dall’oscurità dell’ignoranza, delle illusioni e dei desideri. Ma il Bodhisattva Pratiche Superiori, lungi dal separarsi dalla vita reale, «passa nel mondo», cioè svolge la sua pratica buddista in mezzo alle realtà di questo mondo.
Mettiamo in pratica la fede nella vita quotidiana e il Buddismo nella società
Ne Il kalpa della diminuzione il Daishonin scrive: «Saggio non è chi pratica il Buddismo prescindendo dalle questioni mondane, ma chi comprende perfettamente i princìpi che governano il mondo» (RSND, 1, 995), un passo che Makiguchi aveva sottolineato nella sua copia degli scritti del Daishonin. Negli insegnamenti e nella pratica del Buddismo troviamo la saggezza per guidare le persone alla felicità. Considerare il Buddismo e le questioni mondane come due aspetti separati e dare più valore all’uno che alle altre non è la Via di mezzo.
Noi recitiamo assiduamente davanti al Gohonzon per i problemi che affrontiamo nella vita e ci impegniamo a fondo per risolverli facendo ricorso a tutto il nostro ingegno. Quando svolgiamo la pratica buddista con tenacia in mezzo alle dure realtà del mondo e dedichiamo la vita a kosen-rufu, sicuramente la saggezza del Budda sorgerà dentro di noi. Coloro che affrontano con coerenza le proprie sfide sono persone veramente sagge, che vivono in accordo con la Via di mezzo mettendo in pratica la fede nella vita quotidiana e il Buddismo in azione nella società.
Il punto focale della frase: «Questa persona, mentre passa nel mondo» è il verbo “passare”, che significa praticare o agire. La pratica di Myoho-renge-kyo, di recitare e diffondere la Legge mistica, si svolge nel mondo reale. Tutto nella vita ha significato e fa parte della pratica buddista per la realizzazione della nostra rivoluzione umana.
«Il Buddismo è un insegnamento per la vita quotidiana» diceva Makiguchi, cercando di portare la pace spirituale della religione nella sua vita personale e nelle sue attività sociali. Egli scrisse: «Qual è la ragion d’essere della religione, se non servire alla felicità dell’umanità e rendere il mondo un posto migliore? Non c’è forse un valore benefico nell’aiutare le persone a diventare felici? Non c’è forse un valore morale nel migliorare il mondo?».2 Che dichiarazione potente!
Nelle nostre lezioni in quella che io chiamo “Università Toda”, spesso il mio maestro affermava che era giunto il momento di considerare tutte le cose non solo dal punto di vista del benessere della società ma anche del destino del mondo intero.
L’incoraggiamento di Toynbee all’azione
Nel 1969 ricevetti una lettera in cui l’eminente storico britannico Arnold J. Toynbee (1889- 1975) mi chiedeva di partecipare a un dialogo con lui. Il dialogo, che durò più di quaranta ore e si svolse nell’arco di due anni, fu pubblicato in lingua inglese con il titolo Choose Life [Il titolo italiano è Dialoghi. L’uomo deve scegliere, n.d.t.]. Sono certo che Toynbee sarebbe stato lieto di vedere la grande risonanza che quest’opera ha avuto in tutto il mondo.
Un giorno mi citò queste parole del commediografo latino Terenzio: «Uomo sono. Nulla di ciò che è umano mi è estraneo».3 Toynbee considerava l’esperienza di ogni persona come se fosse la propria, non percepiva alcun individuo come un estraneo e perciò non rifiutava né ignorava nessuno. Per questo era riuscito ad andare oltre la visione eurocentrica della storia e ad adottare una prospettiva più ampia e senza preconcetti sull’ascesa e il declino delle civiltà, scoprendo l’enorme potere delle persone e delle idee, ciò che egli chiamava «i movimenti lenti e profondi che, alla fine, fanno la storia».4 Mentre il nostro dialogo volgeva al termine, mi incoraggiò dicendo che la Via di mezzo del Buddismo che io perseguivo era la strada migliore da percorrere. Citai queste sue parole alla riunione di fondazione della Sgi a Guam. Mi chiese anche di dare l’avvio a un’ondata di dialogo in tutto il mondo, ed esprimendo la convinzione che il dialogo svolge un ruolo estremamente importante nel promuovere l’armonia fra le civiltà, le persone e le religioni, mi esortò, visto che ero ancora giovane, a continuare a impegnarmi per incontrare persone di vari paesi, fra cui l’Unione sovietica, gli Stati Uniti e la Cina.
Toynbee mi affidò il compito di avviare un vortice di dialogo attraverso la saggezza della Via di mezzo e aprire così una strada verso l’armonia e la coesistenza.
E io risposi con le azioni. Non era trascorso molto tempo dalla fine del nostro dialogo che mi recai in rapida successione negli Stati Uniti, in Cina e poi in Unione Sovietica. Una barriera glaciale e impenetrabile di divisioni e sfiducia separava questi paesi durante la guerra fredda, e l’antagonismo fra Cina e Unione Sovietica era particolarmente acceso.
Quando partii per la Cina dissi a chi mi aveva accompagnato: «Sono arrivato fin qui insieme a persone che erano state disprezzate come “povere e malate”, senza contare sul potere o sui soldi». La Soka Gakkai è una organizzazione di persone comuni. Ero convinto che fin quando avessimo mantenuto questa solida base, avremmo potuto costruire ponti di amicizia con gli altri, al di là delle ideologie e dei sistemi politici.
Prima di partire per l’Unione Sovietica, a chi mi chiedeva come mai il leader di un’organizzazione buddista andasse a visitare un paese che rifiutava la religione rispondevo senza esitazione che là c’erano persone e che io desideravo incontrarle.
Ovunque vi siano persone, ovunque esse vivano sul nostro pianeta comune, quel luogo ha una relazione con me. Basandomi su questa convinzione sono stato in grado di fare amicizia e di costruire fiducia fra i miei concittadini globali al di là delle differenze nazionali e politiche, i diversi sistemi di valori e le convinzioni religiose. Adesso dobbiamo far risplendere ancora di più la Madre Terra con il tesoro spirituale del rispetto per la vita e per gli esseri umani. Creiamo un pianeta dove tutti gli esseri viventi possano coesistere in armonia, dove ogni persona sia apprezzata e rispettata e possa godere di pace e felicità.
Andiamo dagli amici in difficoltà
La Soka Gakkai è un castello di persone comuni, ognuna delle quali ha formulato il voto di essere una luce di speranza. È una rete di individui che lavorano insieme convinti di poter creare felicità per sé e per gli altri grazie alla propria rivoluzione umana. In Lettera a Jakunichi-bo il Daishonin scrive: «Coloro che diventano discepoli di Nichiren e credenti laici devono rendersi conto della profonda relazione karmica che condividono con lui e propagare il Sutra del Loto con il suo stesso atteggiamento» (RSND, 1, 883).
Superiamo ogni ostacolo o differenza per andare a trovare un amico o un’amica in difficoltà. Con la gioia che scaturisce da una profonda consapevolezza del legame karmico fra maestro e discepolo, diffondiamo il Buddismo del sole di Nichiren Daishonin fra le persone.
Cari amici e care amiche Bodhisattva della Terra del XXI secolo, ammirevoli compagni e compagne di fede! È suonata la campana che chiama a un nuovo viaggio per realizzare kosen-rufu mondiale e la pace in tutto il globo.
Lavorando insieme in unità, incoraggiamoci a vicenda e progrediamo insieme!
(Tradotto dal mensile Daibyakurenge di maggio 2019)